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 Betreff des Beitrags: Frida: il bello e il buono - Personaggi - D
BeitragVerfasst: Mi 13. Nov 2013, 19:28 
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[url=/it/]/it/[/url] Guida creativa di Gucci, al centro d&rsquo;un giro d&rsquo;affari da 4 miliardi, Frida Giannini si racconta: &laquo;La moda deve prendersi a cuore i problemi del mondo, se non vuole essere superflua&raquo;
di Dario Cresto-Dina Foto di Julian Broad
Dice Frida Giannini che i presagi sono stati modesti. La mamma insegnante di storia dell&rsquo;arte e il padre architetto, i cataloghi delle mostre, i tecnigrafi, i grandi fogli bianchi e i pennarelli colorati, le visite premature alla Sistina e ai musei capitolini, agli Uffizi e a Brera fino a Parigi per il Louvre. Da bambina le piace sentire la grana della carta sotto le dita. Disegna principesse e castelli, riproduce i cartoni animati che vanno in onda alla tv cambiandone la trama, ricorda che Lady Oscar era il suo preferito. Avrebbe dovuto diventare farmacista. &laquo;Ho l&rsquo;ossessione del principio attivo. Sono ipocondriaca, navigo su internet per cercare di continuo autodiagnosi, in casa ho stipato all&rsquo;inverosimile un armadio di medicinali. Devo sapere che tutto &egrave; a portata di mano: dal paracetamolo per il raffreddore alle pillole contro gli attacchi d&rsquo;ansia. Sogno di avere il medico a domicilio e scrivo come un medico, in modo indecifrabile anche per me stessa&raquo;. Vestita di nero, un total black di grande semplicit&agrave;, senza un gioiello e persino senza orologio, il suo accessorio preferito, questa donna di 41 anni magrissima e bionda per scelta sembra essere stata posata da un puparo invisibile e delicato nella grande solitudine di un potere freddo. Il potere della moda che, prima che dai bilanci - l&rsquo;ultimo fatturato di Gucci &egrave; stato di quasi quattro miliardi di euro - trasuda dalla magnificenza dei suoi luoghi di rappresentanza, nel caso il rinascimentale palazzo Alberini in via del Banco di Santo Spirito a Roma. Le impronte di Raffaello, Giulio Romano e Bramante si stagliano di fronte a uno spaccio di pizza al taglio e panini pantagruelici sempre affollato di turisti trafelati. La vecchia cappella adesso &egrave; il suo ufficio. Una scrivania dietro alla quale fotografie e bozzetti sono spillati su un pannello plastificato, un lungo tavolo per le riunioni, un divano e due poltrone di stoffa forse di un malva chiaro e soprattutto tanto spazio bianco vuoto dominato dai soffitti a tabernacolo decorati. &laquo;Sola lo sono sempre nel momento della decisione, quando devo dire: ora basta, si fa cos&igrave;. Vengo investita da un soffio di grande individualismo che, all&rsquo;affacciarsi delle nuove collezioni, giunge dopo un lungo confronto con uno staff di oltre sessanta persone durante il quale anche l&rsquo;ultimo degli stagisti deve sentire dalla mia viva voce qual &egrave; la strada da prendere. Sono ordinata, perfezionista, rompicoglioni, ma non iraconda. Se sono antipatica? Guardi, tra i miei colleghi credo di essere la pi&ugrave; simpatica&raquo;.
A dieci anni una zia le regala Cent&rsquo;anni di solitudine, &egrave; il primo libro per grandi che legge da piccola senza capire granch&egrave;, si perde nel gorgo degli intrecci familiari, nelle partenze e nei ritorni dei personaggi, nelle tinte dei paesaggi sudamericani, le foglie di banano e il becco giallo dei tucani che le sembra di rammentare averli visti adornare l&rsquo;illustrazione di copertina. Scopre allora che l&rsquo;immaginazione pu&ograve; mettersi al servizio delle attivit&agrave; pratiche pi&ugrave; prosaiche e di un mestiere, che sia quello di un macellaio come di un designer del costume. &laquo;A volte il processo creativo scaturisce da un oggetto su cui si &egrave; posato fuggevolmente lo sguardo ma che a dispetto del nostro raziocinio ci si &egrave; impresso nell&rsquo;inconscio, a volte da un viaggio in un paese dai colori esplosivi, altre volte dai materiali: un tessuto, un pellame, un semilavorato sartoriale. Nella moda nessuno inventa nulla&rdquo;. La rivoluzione, disse un paio d&rsquo;anni fa in un&rsquo;intervista, l&rsquo;hanno fatta Coco Chanel mettendo i pantaloni alle donne e Yves Saint-Laurent con il tuxedo. &laquo;Cerchiamo di ascoltare il tempo, Gucci &egrave; sempre stato poco sperimentale. Non abbiamo mai fatto, che so, un cappotto con tre maniche&raquo;. Verso la fine degli anni Ottanta abita sopra Trastevere, comincia a tenere un diario visivo, fotografa la sua vita e quelle degli altri e stampa le fotografie come fa ancora oggi allo studio Pennetta, mentre con Armani, Versace e Ferr&eacute; s&rsquo;inizia a rischiarare l&rsquo;alba dorata del pr&ecirc;t-&agrave;-porter. &laquo;Mi appassionai alla moda, mi misi a studiare il Diavolo. Ero molto fiera dei miei anfibi fino al ginocchio. Neri, luccicanti. I feticci dell&rsquo;epoca erano la scarpa di Gucci nella Roma radical-chic e il bauletto Fendi ai borghesissimi Parioli&raquo;. I maestri si affollano nella sua biblioteca, che descrive amplissima e disordinatissima nell&rsquo;inutile tentativo di classificarli per decadi: le leggende francesi, i designer giapponesi, la stagione psichedelica dello Studio 54 a New York, la Swinging-London raccontata da David Bailey, il fotografo del Blow-Up di Antonioni. Il passato, dice, non &egrave; mai soltanto nostalgia. Acquiescendo a Mahler - la tradizione non &egrave; culto delle ceneri ma custodia del fuoco - ha riportato il museo Gucci a casa, dalla periferia di Milano a Firenze. &laquo;L&rsquo;archivio &egrave; il punto di partenza e d&rsquo;arrivo, &egrave; la storia e il patrimonio dell&rsquo;azienda. Il mio compito &egrave; proiettarlo verso il futuro. Non dobbiamo far altro che reinterpretare, reinterpretare e ancora reinterpretare&raquo;. Le domando quali sono i simboli di cui allungare l&rsquo;ombra: &laquo;Il bamb&ugrave; con il quale &egrave; realizzato il manico delle borse, il morsetto del cavallo e il nastro verde e rosso degli anni Sessanta&raquo;. Sbarca in Fendi nel 1997, per tre anni disegna la linea di abbigliamento donna. Nel settembre 2002 &egrave; a Gucci come direttore stilistico della borsetteria, diventa responsabile unica delle creazioni nel 2006. Sul lavoro trova anche il nuovo compagno, Patrizio Di Marco, presidente e amministratore delegato dell&rsquo;azienda. Diventer&agrave; suo marito. &laquo;Una vicenda quasi banale, un colpo di fulmine, venivo fuori da una separazione molto brusca. Succede spesso che si desidera ci&ograve; che si vede ogni giorno, qualcuno o qualcosa che ci sta accanto. Abbiamo messo subito tutto sul tavolo, lo abbiamo detto alla propriet&agrave; e ai collaboratori: siamo qui, ci amiamo, questa &egrave; la verit&agrave; vi piaccia o no. L&rsquo;ultima cosa che volevamo era farci beccare con le mani nella marmellata&raquo;. &Egrave; diventata ricca, lei precisa: benestante: &laquo;Guadagno molto, ma non le dico quanto, ci guadagna anche lo Stato italiano, gli lascio pi&ugrave; o meno il cinquanta per cento dello stipendio. Mio nonno paterno era un contabile di origine abruzzese, scorza antica, mi ha insegnato l&rsquo;importanza del risparmio, sono una lavoratrice dipendente aggrappata all&rsquo;idea della tranquillit&agrave; economica. Compro casette, non gioco in Borsa, sfinisco il commercialista e ogni volta che faccio un prelievo al bancomat controllo il saldo&raquo;. In Italia il gruppo Gucci ha diecimila dipendenti, la crisi ha sfrangiato anche l&rsquo;orlo dei pi&ugrave; potenti marchi della moda. Dieci anni fa investiva tre volte tanto nella pubblicit&agrave;, i ricavi sono diminuiti, molte cose sono cambiate. &laquo;I clienti, prima di tutto. Chi faceva tre acquisti l&rsquo;anno &egrave; sceso a uno e lo vuole meno sfacciato, predilige un capo in pelle a uno in tessuto in modo da poterlo conservare almeno cinque anni nell&rsquo;armadio. Se fino a qualche tempo fa il logo doveva essere gridato, oggi non va esibito, anzi, meglio tenerlo nascosto perch&eacute; un po&rsquo; ci si vergogna. Il mercato &egrave; fermo in Europa, soprattutto in Italia. Ma c&rsquo;&egrave; uno straordinario ritorno della Russia, ora pi&ugrave; colta e occidentalizzata, la fortuna della Corea e del Brasile, il paese che spicca pi&ugrave; di tutti, la tenuta del Giappone, la sicurezza appena incrinata della Cina e i primi segnali di ripresa che finalmente arrivano dagli Stati Uniti&raquo;. Ha rischiato di morire. Cancro - lei dice carcinoma, con il distacco tecnico di un dottore - controlli ogni sei mesi, una cicatrice sotto la gola. La sfiora, &egrave; un attimo. &laquo;La coprivo con una collana, non lo faccio pi&ugrave;, me la terr&ograve; e niente chirurgo estetico. Quando ti ammali misuri gli affetti e le amicizie. Non riesci a parlare, non riesci a dormire, eppure non vuoi chiedere aiuto. Chi arriver&agrave;, se arriver&agrave;, ti domandi mentre ti rotoli dentro l&rsquo;angoscia. A qualcuno ho detto: ma tu dov&rsquo;eri quando avevo bisogno di te? Per&ograve;, nel complesso, non ho avuto brutte sorprese, forse in parte &egrave; anche merito mio. Ho sempre preferito farmi amare da poche persone. Perch&egrave; ho paura dei ragni, dell&rsquo;invidia e delle persone cattive. Le mie paure le seppellisco sotto grandi respiri e con il lavoro manuale. Dopo una culata mi rialzo subito&raquo;.
Dal 2005 a oggi una vita di successo
La concorrenza &egrave; spietata, il compratore sempre pi&ugrave; infedele, i quarantenni non hanno soldi, i ventenni ne hanno ancor meno e vanno conquistati sui social network e con prodotti dai costi accessibili. Ha detto: &egrave; la sfida neorealista di Gucci. Lei che non twitta e non sta su Facebook perch&eacute; non vuol far sapere agli altri i fatti suoi mi spiega la sua idea di neorealismo applicata alla moda: &laquo;La coerenza di un brand storico impreziosita da un accento di innovazione. Il mio cliente deve sentirsi contento e innamorato del suo acquisto. E poi non possiamo sottrarci al coinvolgimento nelle iniziative sociali e culturali, dobbiamo alzare lo sguardo verso i bisogni di chi &egrave; meno fortunato. C&rsquo;&egrave; l&rsquo;imbarazzo della scelta, basta pensare a Lampedusa. Gucci sta facendo molto in questo campo e far&agrave; sempre di pi&ugrave;. Non esiste contrasto tra il bello e il buono, al giorno d&rsquo;oggi il bello deve andare verso il buono, altrimenti la bellezza diventa superflua. Voglio scaldare il cuore e l&rsquo;anima dei nostri clienti, non pi&ugrave; soltanto il corpo o la vanit&agrave; con una pelliccia di astrakhan o una borsa di coccodrillo&raquo;. Donna di sinistra, ha votato Bersani alle politiche, Renzi alle primarie. &laquo;Sulla sua intelligenza non mi permetto di esprimermi, ma ammiro la sua intraprendenza. Un consiglio: qualcuno lo aiuti nella comunicazione. La mia speranza? Voltare pagina, chiudere per sempre con il berlusconismo. Vorr&agrave; dire che mander&ograve; fiori ai nostri clienti di destra, l&rsquo;ho gi&agrave; fatto una volta per farmi perdonare dalla Santanch&eacute;. Mi piacerebbe poter riaccendere la televisione che non guardo da non so pi&ugrave; quanto tempo e trovarvi specchiato un paese meno volgare, senza canottiere e tatuaggi esibiti anche ai funerali. Mi accontenterei di un&rsquo;Italia delle buone maniere&raquo;. L&rsquo;eleganza &egrave; una cosa fredda, ha scritto Tatiana Tolstoj, non si consuma, si contempla. E ancora: quella della donna si dispiega nella luce, quella degli uomini nell&rsquo;ombra. &laquo;D&rsquo;accordo. Dovremmo essere tutti un po&rsquo; pi&ugrave; uomini, coltivare l&rsquo;eleganza interiore, non lo show-off come dicono gli americani. Difender&ograve; sempre la semplicit&agrave; sublime di una cravatta e di un tubino nero&raquo;. Chi sono oggi i tracciatori della moda? &laquo;I grandi francesi e gli italiani in prima fila, donne come Phoebe Philo, Stella McCartney e Sarah Burton. I francesi, nonostante quell&rsquo;odiosa puzza sotto il naso, sono i pi&ugrave; bravi negli orpelli e nel proteggere le loro aziende. E ci comprano, &egrave; vero, ma &egrave; meglio essere comprati che essere chiusi&raquo;. Greta ha sei mesi, &egrave; la sua bambina. &laquo;Un fulmine di felicit&agrave; che mi illumina ogni mattina con il suo primo sorriso. Il pezzo di vita che mi mancava, l&rsquo;equilibrio che disperavo di raggiungere dopo i molti tentativi falliti compresa l&rsquo;inseminazione artificiale. Alla fine &egrave; stato un concepimento naturale, ma non posso certo parlare di una notte d&rsquo;amore sotto le stelle&raquo;. Guardi una figlia e viene voglia di fermarsi a guardare un filo d&rsquo;erba e con esso l&rsquo;universo. &laquo;Non penso che star&ograve; ancora molto in circolazione, credo nel ricambio generazionale, presto arriver&agrave; qualcuno pi&ugrave; bravo di me. Nei prossimi dieci anni voglio rallentare la corsa, togliere la faccia, andarmene dalle abitudini, smettere di stare attenta. Torner&ograve; in tutti i paesi in cui sono stata con gli occhi chiusi, accecata dalle luci del circo. Quando uscir&ograve; da Gucci smetter&ograve; di fare questo lavoro&raquo;.
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(02 novembre 2013) Riproduzione riservata
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